MEDITAZIONE E CERVELLO • Quarto discorso

EFFETTI DELLA MEDITAZIONE SUL CERVELLO

Parlando di Meditazione è naturale pensare alla pacificazione di mente ed emozioni, e alla sfera spirituale dell’essere umano. Ma questa pratica esercita un’azione diretta anche sul sistema nervoso e sul cervello?
Gli studi effettuati dimostrano che è così. Questa pratica influisce in modo sensibile sul nostro organismo. Gli effetti della meditazione sul cervello sono stati riscontrati anche tramite studi scientifici.
Gli studi scientifici su Meditazione e cervello sono numerosi. In altri articoli, un po’ alla volta, presenteremo i più interessanti.

Il cervello può modificarsi  attraverso un deterioramento prodotto dal passare degli anni. Questo è risaputo, ma esso ha una considerevole possibilità di cambiare anche in senso evolutivo.
Normalmente non accade, perché il modo di pensare delle persone si orienta sempre verso il conosciuto e segue i medesimi schemi di attività cerebrale.
Le pratiche meditative influiscono però in maniera totalmente diversa. 
Gli effetti della meditazione sul cervello sono evidenti e comprovati.

Studi scientifici

Uno studio condotto dalla neuroscienziata Sara Lazar, nel 2005, organizzato dal Max Planck Institute, ha scansionato il cervello di un gruppo di praticanti che dedicavano ogni giorno dai 30 ai 50 minuti per la pratica della Meditazione. Lo studio è durato alcuni mesi e i soggetti, maschi e femmine, sono stati scelti in età tra i 25 e i 60 anni.

I risultati furono sorprendenti e inequivocabili. Nei soggetti che praticavano meditazione, rispetto ad un analogo gruppo sperimentale di persone simili ma non praticanti, si riscontrò un evidente aumento della materia grigia, principalmente nell’area frontale del cervello, con un accrescimento del potenziale mnemonico e di una velocizzazione dei processi decisionali.
Fu osservato anche un aumento della capacità empatica e di comprensione delle altre persone.

Il secondo aspetto osservato fu ancora più straordinario. È risaputo che la corteccia cerebrale tende a ridursi progressivamente nel corso dell’invecchiamento. Durante gli studi sopra riportati si riscontrò che i cinquantenni che praticavano Meditazione da tempo, possedevano il medesimo volume di corteccia dei venticinquenni.
Ne dedussero che la Meditazione, con tutta probabilità, poteva rallentare o prevenire il declino cerebrale.
Molti altri studi scientifici sono stati condotti nel tempo.

la posizione del loto
Nell’immagine notiamo la posizione del loto assunta con le gambe e il contatto di pollice e dito medio, rispetto al più comune contatto con il dito indice. Questo dito è collegato al Pericardio (maestro del cuore).

LA MEDITAZIONE AGISCE SOLO PER I PRATICANTI ESPERTI?

Le successive ricerche furono ancora più interessanti e significative, perché i ricercatori si chiesero se questo genere di pratica potesse produrre effetti analoghi anche sui principianti.
Le analisi furono ripetute, nel 2012, prendendo in considerazione un campione di persone del tutto prive di esperienza.
Soggetti che non conoscevano la meditazione furono inseriti in un programma della durata di due mesi.
Vennero loro insegnate le basi della pratica, con la raccomandazione di eseguirla ogni giorno dai trenta ai quaranta minuti.

Dopo otto settimane i soggetti scelti furono nuovamente sottoposti a scansione cerebrale. Si rilevò una variazione di materia grigia principalmente in tre aree del cervello:

  1. Giunzione temporo-parietale
    Questa area regola i processi empatici, la capacità di comprensione compassione nei confronti degli altri, la capacità di aprirsi a prospettive diverse e alternative.
  2. Ippocampo (lato sinistro)
    Questa zona del cervello regola i percorsi della memoria, è connessa alla capacità di apprendimento e alla regolazione delle emozioni.
  3. Amigdala
    Anche l’amigdala è connessa alla gestione delle emozioni e principalmente ai sentimento di paura e allerta.

Nelle prime due aree, Giunzione temporo-parietale e Ippocampo, si notò un evidente aumento della materia grigia. Nell’Amigdala, al contrario, una sua riduzione.

amigdala cervello

Gli effetti sull’amigdala sono particolarmente interessanti, perché studi condotti su roditori posti sotto stress hanno rilevato un aumento nella dimensione dell’amigdala per effetto di tensioni continuative.
In condizioni di forte stress e paura, questa parte del cervello tende ad aumentare le sue dimensioni.
Questo è significativo, perché l’importanza dell’amigdala è rilevante nella nostra vita.

La riduzione della materia grigia nella regione dell’amigdala, nel gruppo di studio che ha partecipato alla sessione di due mesi di Meditazione, risultava evidente, sebbene nessuno di loro avesse minimamente cambiato lo stile di vita, e quindi non avesse influito sullo stress determinato dai ritmi e dagli impegni di lavoro.

Queste osservazioni portarono ad una considerazione che, del resto, è conosciuta da chiunque abbia una concreta esperienza di pratiche meditative: i cambiamenti dell’amigdala, in relazione allo stress e alla paura, non dipendono tanto dall’ambiente, quanto dal modo in cui l’individuo reagisce all’ambiente.
Questa è una considerazione d’importanza capitale. Dimostra che i fattori ambientali non hanno effetti oggettivi per chiunque. Il modo in cui percepiamo la realtà influenza ciò che la realtà stessa ci rimanda di conseguenza.

La Meditazione modifica il modo di entrare in contatto con la vita direttamente dall’interno, agendo profondamente perfino sulle parti fiscihe del cervello.
Meditazione e cervello, quindi sono in relazione? Assolutamente si!

Gli studi suddetti sono veramente interessanti per chiunque, soprattutto perché dimostrano come la pratica della Meditazione agisca anche per chi ha iniziato da poco a praticarla. Questo è estremamente incoraggiante per chiunque ne abbia sentito parlare e voglia iniziare a sperimentarne i benefici.


Quanto sono importanti le ricerche scientifiche?

Vogliamo fare una piccola riflessione. In Oriente, ma ormai possiamo dire in tutto il mondo, chi si dedica da anni e seriamente alla Meditazione e allo Yoga (quest’ultimo non inteso come semplice esercizio fisico), sa perfettamente cosa possono produrre questi procedimenti.

Da secoli è conosciuta la lucidità mentale, la prontezza di riflessi e la presenza interiore di grandi praticanti di Yoga e Meditazione, anche estremamente avanti negli anni.
Per i veri praticanti, gli studi scientifici e le dimostrazioni che ne conseguono possiedono un valore relativo.
È un po’ come se, dopo aver studiato come i pesci riescono a trarre ossigeno dall’acqua, uno scienziato si rivolgesse a un pesce spiegandogli che, in effetti, è dimostrato che può trarre ossigeno dall’acqua.
Per dirla tutta, il pesce lo sapeva già da molto tempo.

Questa precisazione è utile perché, anche se conoscere di più apre la mente ed è importante, per quanto riguarda lo Yoga e la Meditazione, l’unica cosa che conta veramente è la sperimentazione personale.

Quanto contano le ricerche scientifiche alla luce di ciò che abbiamo detto? Sono importanti perché si comprenda, a livello sociale, che esiste una sapienza antica che può donarci molto e che la conoscenza, anche quella che riguarda il potenziale psicofisico umano, non nasce oggi.
In effetti, la scienza attuale può studiare gli effetti della Meditazione sul corpo, solo perché anticamente è esistito un altro genere di scienza dalla quale sono nati questi procedimenti. L’abitudine a ritenere che la conoscenza sia propria solo all’epoca moderna è errata. Il fatto che si effettuino studi seri sullo Yoga sulla Meditazione è dovuto al fatto che queste discipline contengono elementi di straordinaria efficacia e certamente non sono apparsi per caso.
Sarebbe utile non dimenticarlo mai.

Torneremo più avanti su altri studi scientifici, sia sulla Meditazione, sia sulle tecniche respiratorie e fisiche dello Yoga.

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