Aria che entra, aria che esce

Oggi nessun appuntamento di lavoro.

Guardo fuori e decido di rimandare alcune telefonate nel pomeriggio. Esco a fare una passeggiata sul Naviglio.

Questa giornata meravigliosa ha sorpreso tutti e il percorso è pressoché deserto. Incrocio solamente un nonno, perso nei suoi pensieri, che spinge con poca convinzione un passeggino e poco più in là alcune “ragazze” di mezza età, che camminano con passo sostenuto e con lo sguardo fisso sul loro telefonino.

Il sole è caldissimo, lo assaporo mentre penetra nel mio corpo e genera grande piacere.
Mi concentro sul rumore dell’acqua che scorre, sul canto degli uccelli, sul profumo di erba ancora umida e infine… sul mio respiro.
Aria che entra… aria che esce.
Aria che entra… aria che esce.
Il mio respiro, ma… cos’è il respiro?
Ci ho mai pensato veramente?

Diamo per scontato che respirare sia normale; questo processo del nostro corpo, grazie a dio automatico, avviene attraverso le funzioni istintive dell’organismo; non richiede la nostra consapevolezza, accade da solo. Se dovesse cessare, semplicemente smetteremmo di vivere. Eppure, nonostante questa funzione sia tanto vitale, ce ne dimentichiamo costantemente!

Mentre cerco di mantenere l’attenzione sul respiro, un’altra domanda si fa strada nella mente: e l’aria allora? Cos’è, in fondo, l’aria?
Non si vede, non si può toccare, non si sente; qualcosa di tanto fondamentale per l’essere umano, che però è nascosta alla vista comune.

La vita è davvero un vero mistero; noi… siamo un bel mistero. Una delle cose più importanti per l’umanità sembra non esistere; un nulla che – se dovesse mancare – diventerebbe TUTTO.

Quante altre cose esistono, che non riusciamo a vedere? La realtà è unicamente quella che possiamo cogliere con i nostri sensi? Oppure c’è dell’altro?
E se c’è, come possiamo “raggiungerlo”, questo “altro”?

Forse varrebbe la pena di indagare a fondo, attivando la curiosità e ritrovando quella vitalità che quando siamo bambini è naturale avere, ma crescendo a poco a poco si spegne, perché crediamo di avere visto tutto, di sapere già tutto e che non ci sia più nulla da scoprire.

Accettiamo supinamente che le cose siano in un certo modo, solo perché ce l’hanno insegnato e non ci prendiamo la briga di verificare di persona.
All’orizzonte, un aereo sembra sfiorare le cime innevate delle Alpi. Il cielo blu e i colori dell’autunno completano l’opera. Nei rari istanti in cui il pensiero non interferisce, l’armonia con ciò che mi circonda è totale. Basta così poco per essere in pace: la natura, noi stessi e la nostra attenzione.

Rientrando verso casa incrocio un ciclista impegnato in uno sprint poderoso. Mentre si avvicina realizzo che mi sta fissando intensamente con aria di sfida, come se volesse dirmi: «tu non riusciresti mai a fare una cosa del genere».

Dopo una rapida occhiata alle sue gambe, che spingono vorticosamente sui pedali della bicicletta, non posso fare altro se non riconoscere che, in fondo, ha proprio ragione; i suoi quadricipiti saranno il triplo dei mei.

Questo “simpatico” incontro mi fa riflettere sul fatto che esistono cose che oggettivamente non possiamo fare e dobbiamo accettarlo senza sentirci degli incapaci; e altre che, invece, sono alla nostra portata, ma siamo noi a porci dei limiti.

Limiti che sono solo nella nostra mente.

Mentre imbocco la lieve salita che conduce al cancello di casa dedico l’ultimo sguardo al panorama circostante e penso che l’essere umano, con la sua presunzione e la sua ignoranza, tutto sommato non è ancora riuscito a rovinare completamente questo pianeta e che, pur considerando solamente le cose visibili, resta davvero meraviglioso.

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